domenica 12 febbraio 2012

"Managia la tua facia de banditu"




 La storia di Zoto. Tratta dal "Manoscritto trovato a Saragozza" di Jan Potocki

Una domenica, quando incominciavano i vespri, tornai al portico della chiesa con una manciata di castagne che avevo comperato per me e i miei fratelli, e stavo dividendole quando vidi arrivare uno splendido tiro a sei, preceduto da due cavalli dello stesso colore che correvano in libertà, un lusso che ho visto soltanto in Sicilia. La portiera della carrozza si aprì, e ne vidi prima scendere un gentiluomo braciere, che diede il braccio a una bella dama, poi un abate e infine un ragazzino della mia età, grazioso d'aspetto e magnificamente vestito all'ungherese, come spesso si usava allora vestire i bambini. Il piccolo giustacuore era di velluto azzurro, ricamato in oro e guarnito di zibellino; gli scendeva fino a metà gamba e copriva anche una parte degli stivaletti, di marocchino giallo. Il berretto, anch'esso di velluto azzurro e guarnito di zibellino, era sormontato da un fiocco di perle che ricadeva su una spalla. La cintura era fatta di nappe e cordoncini d'oro, e la piccola sciabola era ornata di pietre preziose. Per finire, egli teneva in mano un libro di preghiere rilegato con placche d'oro.
Io fui così meravigliato di vedere un abito tanto bello su di un ragazzo della mia età che, non sapendo bene quel che facevo, andai da lui e gli offrii due castagne che avevo in mano, ma quel pessimo soggetto, invece di ricambiare il piccolo gesto d'amicizia che gli facevo, con tutta la forza del suo braccio mi diede il libro di preghiere sul naso. Ebbi l'occhio sinistro quasi pesto, e un fermaglio del libro essendo penetrato in una narice, la lacerò in modo che in un'istante fui coperto di sangue. Allora mi parve di sentire il signorino lanciare delle terribili urla, ma io avevo, per così dire, perduto conoscenza. Quando ripresi i sensi, mi trovavo presso la fontana del giardino, attorniato da mio padre e dai miei fratelli che mi lavavano il viso e cercavano di arrestare l'emorragia. Intanto, mentre ero ancora tutto insanguinato, vedemmo arrivare il signorino, seguito dal suo abate, dal gentiluomo braciere, e da due valletti, uno dei quali teneva un fascio di verghe. Il gentiluomo spiegò in poche parole che la signora principessa di Rocca-Fiorita esigeva che io fossi frustato a sangue in riparazione dello spavento che avevo causato a lei come al suo Principino, e senza indugio i valletti passarono all'esecuzione della sentenza. Mio padre, che temeva di perdere il suo asilo, dapprima non osò dir niente, ma poi, vedendo che mi si batteva senza pietà, non poté contenersi e, rivolgendosi al gentiluomo con l'accento stesso del furore soffocato, gli disse: "fatela finita, o altrimenti ricordatevi che ho assassinato persone che ne valevano dieci della vostra risma". Il gentiluomo, considerando che tali parole racchiudevano un profondo significato, ordinò di por fine al mio supplizio, ma, quando io ero ancora coricato sul ventre, il Principino si avvicinò e mi diede un calcio sul viso dicendomi: "Managia la tua facia de banditu".

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