"Avete scritto il vostro testamento?", improvvisamente mi domandò Werner.
"No".
"E se rimarrete ucciso?...".
"Gli eredi si faranno vivi da soli".
"Possibile che non abbiate amici a cui vogliate inviare il vostro ultimo addio?...".
Scossi la testa.
"Possibile che non ci sia una donna al mondo a cui vogliate lasciare qualcosa per ricordo?...".
"Volete, dottore, che vi sveli la mia anima?...", gli risposi. "Vedete, sono sopravvissuto a quegli anni in cui si muore pronunciando il nome dell'amata e lasciando per ricordo all'amico una ciocca di capelli impomatati o non impomatati. Pensando alla morte imminente e possibile io penso soltanto a me stesso; altri non fanno neppure questo. Gli amici, che domani mi dimenticheranno, oppure, peggio, metteranno in giro sul mio conto Dio sa quali fandonie, le donne che, abbracciando un altro, rideranno di me per non destare in lui gelosia per l'estinto... che Dio li abbia in gloria! Dalla tempesta della vita ho tratto in salvo soltanto alcune idee e nessun sentimento. Da tanto tempo ormai vivo non col cuore, ma con la testa. Soppeso ed esamino le mie passioni e i miei atti con rigorosa curiosità, ma senza partecipazione. In me ci sono due uomini: uno che vive nel senso pieno della parola, l'altro che ragiona e lo giudica: il primo, forse, tra un'ora si congederà da voi e dal mondo per sempre, l'altro... l'altro... Guardate, dottore: vedete quelle tre figure che si stagliano sulla roccia a destra? Sono, credo, i nostri avversari..."
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